Sindrome di Lyell
lunedì 2 luglio 2012
Sindrome di Lyell, allopurinolo e sentenza
Ci
sono dei post che comportano una particolare fatica se richiamano
drammi personali, e questo è uno di quelli; ma vanno redatti perché
possono servire ad altri sventurati.
La sindrome di Lyell, conosciuta anche come necrolisi
tossica epidermica, è una patologia molto grave che spesso porta alla
morte, le varianti più lievi sono la sindrome di Stevens Johonson e
l’eritema multiforme. In particolare, nel caso di sindrome di Lyell,
il soggetto colpito presenta una perdita acuta delle funzioni della
pelle come per le ustioni di un incendio, possono essere colpiti
l’esofago, il tratto intestinale e altri organi interni; anche gli occhi
possono essere distrutti dal processo incendiario. Essere colpiti
dalla sindrome di Lyell è un caso raro (la pubblicistica scientifica
parla di un caso su un milione di persone in generale), ma la sindrome
si contrae come reazione a seguito dell’assunzione di farmaci ed allora
la statistica va fatta sul numero più limitato di chi ha assunto tali
farmaci (e si riduce a 1 caso su 10.000 o 15.000). Più di 220 farmaci
portano nelle loro avvertenze la possibile insorgenza della sindrome (
in particolare: sulfamidici, oxicam, carbamazepina, fenitoina, acido
valproico, fenobarbitale, diclofenac, allopurinolo, cefalosporine,
penicilline, chinolonici.). L’insorgenza della sindrome di Lyell è
particolarmente subdola perché gli effetti si possono manifestare anche
dopo qualche settimana dall’assunzione del farmaco; i primi sintomi
possono avere l’aspetto di bolle come una scottatura della pelle. Una
volta diagnosticata la sindrome il paziente può essere sottoposto a una
terapia intensiva presso un centro di rianimazione; viene sedato
artificialmente per sopportare atroci dolori; spesso arriva alla morte o
può continuare a vivere con organi compromessi.
Parlo di questa sindrome per una esperienza familiare, perché nel 2007
ha colpito mia sorella e dopo 58 giorni in sala di rianimazione è
deceduta; nel caso specifico il farmaco che provocò la reazione è stato
l’Allopurinolo, farmaco molto usato nella cura e nella prevenzione delle
uricemie. Dopo il decesso di mia sorella, con i miei familiari,
abbiamo scritto all’AIFA (agenzia italiana del farmaco – organismo di
vigilanza governativo) sottoponendo il caso della pericolosità del
farmaco usato e chiedendone l’eventuale ritiro dal commercio. L’AIFA ci
rispose che il farmaco era considerato indispensabile per la cura delle
iperuricemie anche se ammetteva la sua associazione all’insorgenza della
sindrome di Lyell. Nella lettera di risposta l’AIFA faceva riferimento
alla responsabilità dei medici nella prescrizione di tale farmaco: “Ci
occupiamo da molti anni dei rischi da allopurinolo, con l’obiettivo di
fornire elementi ai medici per un uso razionale e oculato di questo
farmaco. Ne parliamo in congressi, conferenze, corsi di formazione per
medici. Di recente, al fine di sensibilizzare i medici e gli operatori
sanitari sulla necessità di una prescrizione ragionata dell’allupurinolo
e sulla importanza di una diagnosi precoce della sindrome di Lyell,
sono stati redatti dall’AIFA due articoli pubblicati su due diverse
riviste dell’Agenzia”. La risposta dell’AIFA in pratica stava a
significare: abbiamo detto ai medici che si tratta di sostanza
pericolosa, vedetevela con loro.
A seguito di un esame dei documenti clinici che riguardavano mia sorella scoprivamo che non solo non c’era stato “l’uso razionale ed oculato di questo farmaco”
come raccomandato dall’AIFA, ma addirittura era stato prescritto
erroneamente e in dosi massicce nella struttura sanitaria dell’Ospedale
di Sesto San Giovanni. Per questo motivo abbiamo deciso di iniziare una
causa civile presso il Tribunale di Monza competente territorialmente.
Gli avvocati Michele Borello e Domenico A. Rodà, sulla base delle
documentazioni cliniche, hanno sostenuto di fronte al Tribunale di
Monza l’erroneità della prescrizione e la correlazione con l’insorgenza
della sindrome di Lyell. Dopo diverse udienze il giudice del Tribunale
di Monza, visto il parere della perizia medica del C.T.U., ha emanato la
sentenza di condanna dell’ Ospedale di Sesto San Giovanni: 1030/12 –
Nr. 240/2009 R.G. – REP 000602 – depositata il 10 aprile 2012. Nella
sentenza si sostiene:
“E’
inoltre incontestato che la sindrome di Lyell sia derivata
dall’assunzione di Allopurinolo somministrato alla paziente nel corso
del ricovero (Zyloric). - Non vi è infine dubbio che l’Allopurinolo
fosse oggettivamente controindicato nella situazione clinica per la
quale la Zaffuto era stata ricoverata (attacco di gotta) in quanto “la
precipitazione dei cristalli di acido urico a livello articolare,
provocata dall’allupurinolo, può esacerbare la sintomatologia dolorosa”:
sul punto la C.T.U. medico-legale è chiara e sostanzialmente
incontestata. - Analogamente non vi è dubbio che al momento delle
dimissioni non sussistessero riscontri clinici necessari per la
prescrizione dell’Allupurinolo. - La precisazione di tale punto è
importante. - Se, infatti, la prescrizione del farmaco all’esito del
ricovero fosse stata clinicamente corretta, la reazione allergica
sviluppata a causa della somministrazione già durante il ricovero
avrebbe costituito una mera anticipazione di un rarissimo effetto
collaterale che si sarebbe comunque sviluppato in seguito (in tal senso
va intesa la precisazione del CTU circa l’irrilevanza del momento della
somministrazione rispetto all’insorgenza della sindrome di Lyell). - E’
invece del tutto irrilevante, ai fini che qui interessano, che gli
effetti potenzialmente nocivi, descritti dal CTU e costituenti la
controindicazione al farmaco durante il ricovero, non si siano
manifestati nel caso concreto, così come è irrilevante che tali effetti
negativi non ricomprendano, per la sua rarità, la reazione allergica
alla base della sindrome di Lyell: ciò che rileva è che non sussisteva
alcuna valida indicazione terapeutica alla somministrazione
dell’Allopurinolo nè nel corso del ricovero né all’esito dello stesso.-
In tali condizioni la malattia sviluppata dalla paziente non può essere
considerata una rara conseguenza della legittima
somministrazione/prescrizione di un farmaco, qualificabile come
incolpevole e sfortunato effetto collaterale di corretta terapia
sanitaria, ma struttura di un evento lesivo ascrivibile ad imperizia
medica stante l’assenza di giustificazione terapeutica alla
somministrazione prima e alla prescrizione poi dell’Allopurinolo. -
Giuridicamente, infatti, rileva solo il fatto che la malattia e il
decesso sono stati cagionati all’assunzione di un farmaco che non doveva
essere né somministrato né prescritto; la reazione di tipo allergico
innescata dal farmaco, se per la sua rarità può essere considerata
evento imprevedibile e non imputabile in caso di corretta prescrizione,
qui non trova alcuna giustificazione sanitaria e determina quindi la
responsabilità giuridica dell’ospedale. La CTU ha riscontrato tutto
questo e ha anche riconosciuto come la somministrazione sia avvenuta in
dosi oggettivamente eccessive, ciò che, secondo alcuni studiosi,
incrementerebbe la probabilità dell’insorgere della reazione allergica.
Da quanto detto sopra si deve concludere che la malattia e la morte di
Venera Rosalia Zaffuto siano avvenute per fatto e colpa dei sanitari del
presidio ospedaliero di Sesto San Giovanni; della colpa dei medici,
qualificabile come inadempimento contrattuale, la convenuta risponde ex
art. 2049 c.c,. “
La sentenza poi prosegue nella quantificazione del danno; e qui il
Giudice, per fare pagare il meno possibile l’Ospedale, ha sostenuto:
che il danno biologico riconoscibile alla paziente è stato costituito
solo per i 58 giorni in rianimazione; che per il danno morale non si ha
avuto prova che la paziente fosse in grado di sentirsi in pericolo di
morte visto che era stata sedata; che il danno subito dai familiari
per “la lontananza delle residenze di alcuni di loro” viene
considerato come un solo decesso anagrafico. C’erano tutti gli elementi
per fare un nuovo ricorso in appello per un giusto riconoscimento
economico, ma dato che il problema per noi non erano i soldi ci siamo
soddisfatti del riconoscimento dell’errore commesso nella
somministrazione del farmaco.
Questa sentenza l’ho voluto pubblicare nel blog perché magari può
servire a qualche altro malcapitato in simili vicende, cosa che non
auguro a nessuno. Ma va fatta una ulteriore attenta riflessione: nel
caso specifico è stato condannato l’ospedale per una erronea
prescrizione, ma la sindrome di Lyell può verificarsi anche in caso di
prescrizione corretta e in tal caso il danno viene lasciato in capo al
malcapitato paziente che ha la particolare caratteristica fisica di
reagire sfavorevolmente al farmaco. In pratica il farmaco può curare
10.000 e poi uno cade morto o gravemente invalido, e ciò non importa.
Nel frattempo ne hanno beneficiato i guariti e le aziende farmaceutiche,
e non importa se uno è rimasto stritolato. Il mancato riconoscimento
nel nostro paese della sindrome di Lyell come malattia rara a cui dare
una protezione porta a una mancanza totale di solidarietà. Da questa
vicenda se ne ricava che è necessaria la prudenza dei medici nelle
prescrizioni di farmaci che possono scatenare la sindrome di Lyell; ma è
anche necessaria una mutua assicurazione di cui si dovrebbero fare
carico le industrie farmaceutiche, non basta cavarsela con la dizione “questo farmaco può comportare gravi effetti collaterali”.
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